Con l’entrata in vigore della Riforma Biagi, il
panorama delle collaborazioni coordinate e continuative si è
ulteriormente ampliato, con l’introduzione della collaborazione a
progetto e della collaborazione occasionale. Si tratta di
tipologie contrattuali che non vanno a sostituire la tradizionale
collaborazione coordinata e continuativa ma ad essa si affiancano
modificandone l’ambito applicativo.
Pertanto
al fine di
eliminare fenomeni elusivi della legislazione in materia di lavoro
subordinato, si procede alla riforma delle collaborazioni coordinate
e continuative convertendole nella nuova figura del lavoro a
progetto. In particolare, così come illustrato nella Relazione di
accompagnamento al decreto di attuazione della riforma del lavoro,
le collaborazioni coordinate e continuative preesistenti al
provvedimento di riforma, vengono ricondotte o al lavoro
subordinato o al lavoro a progetto, inteso come forma propria di
lavoro autonomo.
Il lavoro a
progetto di cui all'art. 61 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003
rappresenta un sottoinsieme della più ampia categoria dei rapporti
di collaborazione coordinata e continuativa già individuati
dall'art. 409, n. 3, cod. proc. civ., i quali rimangono in essere,
nella versione originaria, per quelle ipotesi che sono escluse
dall'ambito di applicazione del lavoro a progetto.
La
definizione del lavoro a progetto si rinviene nel primo comma
dell'art. 61 citato, secondo il quale "i rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente
personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all'articolo
409, n. 3, del codice di procedura civile devono essere
riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro
o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente
dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del
coordinamento con la organizzazione del committente e
indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della
attività lavorativa".
Il richiamo
alla disposizione dell'art. 409, n. 3, cod. proc. civ., secondo il
quale i rapporti di collaborazione sono quelli che "si concretino
in una prestazione di opera continuativa e coordinata,
prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato",
assume rilevanza come dimostrazione che per il lavoro a progetto
non si può parlare di una nuova tipologia contrattuale, bensì di
una specificazione delle collaborazioni coordinate e continuative
di cui all'art. 409 citato, i cui elementi costituitivi sono stati
determinati dall'evoluzione giurisprudenziale in materia, nei 3
requisiti della continuità, della coordinazione e del carattere
prevalentemente personale della prestazione di lavoro.
Pertanto
l'art. 61 citato non sostituisce o modifica l'art. 409, n. 3 del
cod. proc. civ., bensì individua le modalità di svolgimento della
prestazione di lavoro del collaboratore utili ai fini della
qualificazione della fattispecie nel senso dell'autonomia o della
subordinazione.
Inoltre,
l'introduzione nel nostro ordinamento del lavoro a progetto ed
anche delle collaborazioni coordinate e continuative a carattere
occasionale ex art. 61, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, non hanno
comportato l'abrogazione delle disposizioni del contratto d'opera
di cui agli artt. 2222 e ss. del codice civile e pertanto non
necessariamente, ad esempio, sarà qualificata come collaborazione
a progetto o a programma, la prestazione di un lavoratore che
superi, nei rapporti con uno stesso committente, uno dei due
limiti previsti dall'art. 61, c. 2, del D.Lgs. n. 276/2003 (30
giorni e 5 mila euro), ben potendosi verificare il caso che quel
prestatore abbia reso una o più prestazioni d'opera ai sensi
dell'art. 2222 citato .
Dalla
definizione di cui al primo comma dell'art. 61 del D.Lgs. n.
276/2003 si evince che ciò che caratterizza le collaborazioni a
progetto è l'individuazione di uno o più progetti specifici o
almeno programmi o fasi di esso che il committente deve
determinare ma che il collaboratore deve gestire in modo autonomo
in funzione del risultato. Naturalmente resta fermo il
coordinamento con l'organizzazione del committente ed è
irrilevante il tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività del
collaboratore.
Infine, i
contratti di lavoro a progetto così come tipizzati dal legislatore
della riforma, sono contratti di lavoro autonomo a termine, cioè
hanno una durata determinata o determinabile in quanto collegata
con la realizzazione del progetto, programma o fase di esso.
Risulta pertanto, esclusa la possibilità di contratti a progetto a
tempo indeterminato scollegati con un progetto o programma di
lavoro.
Per ulteriori
informazioni chiedi parere al consulente dello studio
|