Principi generali
1 - La
deontologia dei consulenti del lavoro è l'insieme dei principi e
delle regole etiche e comportamentali che ogni professionista, in
quanto iscritto nell’Albo professionale dei consulenti del lavoro,
deve osservare nell’esercizio della professione, in forma sia
autonoma che dipendente, per dare la migliore risposta alle
aspettative della società verso la professione medesima e a
garanzia della fede pubblica.
Le presenti
norme di deontologia professionale si applicano a tutti i
consulenti del lavoro nella loro attività, nei loro reciproci
rapporti e nei confronti dei terzi.
Nell'esercizio
di attività professionale all'estero, consentita dalle
disposizioni in vigore, il consulente del lavoro italiano è tenuto
al rispetto delle norme deontologiche dello Stato in cui opera.
Il cittadino
comunitario o straniero, nell'esercizio dell'attività
professionale in Italia, quando questa gli sia consentita, è
tenuto al rispetto delle norme deontologiche contenute nel
presente testo.
Le stesse norme
si applicano, in quanto compatibili, ai praticanti.
2 - Le norme incluse nel presente Codice hanno carattere
vincolante. Ogni azione e omissione in contrasto con esse o
comunque lesiva del decoro, del prestigio o del corretto esercizio
della professione di consulente del lavoro, costituisce abuso o
mancanza ed è punibile ai sensi di quanto previsto dal titolo IV
della legge 11 gennaio 1979, n. 12.
3 - In caso di volontaria o consapevole violazione delle norme e
dei principi contenuti nel presente Codice deontologico gli organi
disciplinari applicano, nel rispetto delle norme procedurali
contenute nell’apposito Regolamento, sanzioni adeguate alla
mancanza, tenendo conto delle circostanze soggettive e oggettive e
della reiterazione dei comportamenti anche omissivi.
La responsabilità disciplinare è personale. Nel caso di esercizio
della professione in forma associata o societaria, è
disciplinarmente responsabile soltanto il consulente del lavoro
cui si riferiscono i fatti specifici commessi.
Valori professionali
4 - Compito del consulente del lavoro è svolgere con probità e
diligenza l'assistenza e le prestazioni previste dalla legge in
materia di lavoro, previdenza, assistenza sociale, tributaria e
quant’altro previsto dalla legge istitutiva nonché le altre
attività previste o consentite dalla legge e le relative attività
di consulenza.
5 - Costituisce
obiettivo primario della professione di consulente del lavoro, al
fine di assicurare alla collettività la migliore disciplina delle
relazioni di lavoro e delle attività connesse o comunque
consentite al consulente del lavoro, il costante rapporto,
attraverso gli Enti esponenziali di Categoria, con gli organi
legislativi ed esecutivi onde rappresentare le necessità del mondo
del lavoro e delle assicurazioni sociali.
Norme generali
6 - Nell'esercizio dell'attività professionale il consulente del
lavoro ha il dovere di conservare la propria indipendenza, nonché
di operare in modo che l’attività professionale svolta, in forma
autonoma o dipendente, sia singolarmente sia nelle forme
associative o societarie consentite dalla legge, sia libera da
condizionamenti o da interferenze di soggetti pubblici o privati.
7 - Al consulente del lavoro si richiedono probità, decoro e una
regola di vita, anche al di fuori dell’attività professionale,
tale da non arrecare discredito al prestigio della categoria
professionale.
Il consulente
del lavoro cui sia imputabile un comportamento non colposo che
abbia violato la legge penale è sottoposto a procedimento
disciplinare, salva e ferma restando l’autonoma valutazione sul
fatto commesso.
8 - Il consulente del lavoro deve svolgere i propri incarichi
professionali con lealtà, correttezza e fedeltà.
Costituisce
grave infrazione disciplinare compiere consapevolmente atti
contrari al legittimo interesse del cliente.
9 - Il consulente del lavoro deve adempiere i propri doveri
professionali con la diligenza richiesta dalla natura
dell’attività prestata.
10 - E' dovere e, sotto altro aspetto, diritto del consulente del
lavoro mantenere il segreto sull'attività prestata e su tutte le
informazioni ricevute o di cui sia venuto a conoscenza in
dipendenza dell’incarico professionale anche dopo la sua
cessazione.
Il consulente
del lavoro è tenuto, altresì, a controllare che il dovere di
riservatezza sia rispettato dai propri dipendenti e collaboratori.
11 – E’ dovere morale del consulente del lavoro curare la propria
preparazione professionale ed aggiornare costantemente la propria
conoscenza delle discipline che formano la base cognitiva della
professione con particolare riferimento ai settori nei quali
svolge l’attività.
A tal fine
collabora e partecipa ai corsi di qualificazione e aggiornamento
promossi dall'Ordine o dalle Associazioni professionali per
assicurare un esercizio tecnicamente adeguato della professione
nell'ambito nazionale, nei Paesi dell’Unione Europea ed in quelli
extracomunitari.
12 - Il
consulente del lavoro non deve accettare o proseguire in incarichi
quando sia consapevole di non potervi adempiere adeguatamente.
13 - Al
consulente del lavoro è consentita l’attuazione di qualsiasi forma
di pubblicità esclusivamente rivolta alla corretta informazione al
pubblico del titolo professionale e dell’eventuale
specializzazione, nonché dell’ubicazione dello studio.
L'informazione
può essere data attraverso i diversi mezzi di comunicazione
comprese le reti telematiche anche a diffusione internazionale.
E’ comunque
vietato accettare o favorire forme di pubblicità da parte di
associazioni, enti, organizzazioni, aziende, sindacati o altri
soggetti.
Il Consiglio
Nazionale può, con propria deliberazione, dettare ulteriori
disposizioni in materia, anche in relazione alla evoluzione dei
mezzi di comunicazione.
14 – L’esercizio dell'attività professionale deve avvenire con
l’espressa indicazione del titolo professionale di consulente del
lavoro.
Costituiscono
illecito disciplinare l'uso di un titolo di studio o professionale
non posseduto e lo svolgimento dell’attività durante il periodo di
sospensione.
15 - Il consulente del lavoro deve collaborare fattivamente con il
Consiglio Provinciale dell’Ordine provvedendo a segnalare allo
stesso ogni caso di abusivismo di cui venga a conoscenza.
16 - Il consulente del lavoro che ricopre, o ha ricoperto,
funzioni pubbliche, sindacali o istituzionali di categoria, non
deve avvalersi di tali posizioni per procurarsi clientela a danno
dei colleghi od altri indebiti vantaggi, né proporsi in veste
professionalmente diversa da quella dei colleghi.
17 - Il consulente del lavoro è tenuto a corrispondere
regolarmente e tempestivamente i contributi dovuti agli Organi
professionali e all'Ente previdenziale.
Rapporto con la clientela
18 - Il consulente del lavoro deve adoprarsi affinché l’incarico
gli sia conferito per iscritto.
19 - Il
rapporto con il cliente ha natura fiduciaria.
Il consulente
del lavoro deve astenersi dall’accettare incarichi che possano
determinare conflitto di interessi con altro assistito.
Il consulente
del lavoro deve illustrare al cliente i problemi tecnici
essenziali consigliandolo sulle decisioni da prendere. E’ tenuto,
altresì, ad informarlo sullo svolgimento dell’incarico quando sia
opportuno o quando il cliente lo richieda.
Costituisce
violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o
negligente compimento di atti inerenti all’incarico quando derivi
da errore non scusabile o da rilevante trascuratezza degli
interessi della parte assistita nonché la mancata stipula di una
adeguata polizza di responsabilità professionale nell’ipotesi che
il consulente del lavoro sia convenuto dal cliente per danni.
20 - Il consulente del lavoro deve gestire con diligenza il denaro
ricevuto dal proprio cliente o per conto del medesimo e ha
l'obbligo di sollecita rendicontazione a prescindere da apposita
richiesta in tal senso.
21 - Il consulente del lavoro non deve proseguire l'incarico
qualora i comportamenti e le richieste del cliente, o altri gravi
motivi, ne compromettano il corretto e dignitoso svolgimento.
Quando il
consulente del lavoro rinuncia all’incarico dovrà dare adeguato
preavviso, tranne l’ipotesi di giusta causa, informando il cliente
degli atti che devono essere adottati in via d’urgenza.
All’atto della
cessazione del rapporto professionale il consulente del lavoro
deve restituire senza ritardo la documentazione ricevuta dal
cliente o comunque formata o acquisita nello svolgimento
dell’incarico.
E’ fatto
divieto, in ogni caso, di ritenzione di cose e documenti se non
per il tempo strettamente necessario alla tutela dei propri
diritti.
22 - Al momento del conferimento dell’incarico, o comunque appena
possibile, il consulente del lavoro informa il cliente del
compenso richiesto.
E’ possibile
pattuire, purché per iscritto, compensi forfettari per prestazioni
reiterate o continuative. In ogni caso il compenso, in relazione
alle misure minime e massime previste dalla tariffa professionale,
non può essere manifestamente sproporzionato in relazione
all’attività prestata, al risultato conseguito tale da ledere il
prestigio, il decoro e la dignità della professione e l’interesse
del cliente ad una prestazione professionalmente adeguata ed
equamente retribuita.
Prima di agire
per vie giudiziarie nei confronti del cliente per ottenere il
pagamento del compenso professionale il consulente del lavoro deve
rinunciare all’incarico.
Nel caso in cui
il consulente del lavoro assista una parte in sede di contenzioso,
il compenso può essere richiesto alla controparte solo se frutto
di preventivo accordo tra le parti medesime e nei casi previsti
dalla legge.
Rapporti con gli Organismi di Categoria e con i Colleghi
23 - Il comportamento del consulente del lavoro nei confronti dei
colleghi s'ispira al principio della solidarietà, in vista
dell'obiettivo di migliorare, mediante una attiva interazione tra
di essi, il livello della professione ed esaltare l’utilità
sociale e la rilevanza costituzionale delle attività specifiche
della categoria.
24 - Il consulente del lavoro collabora attivamente con gli
Organismi istituzionali di categoria per il perseguimento dei fini
istituzionali, ne segue le direttive, fornisce le informazioni e
le notizie in ordine a fatti che ne possano richiedere
l’intervento e partecipa attivamente agli incontri degli iscritti
all'Ordine.
25 - Il consulente del lavoro intrattiene con i colleghi rapporti
professionali, diretti o indiretti, in posizione di pari dignità,
nel rispetto dei principi di lealtà, correttezza e collaborazione
ed evita, altresì, di arrecare danno al singolo collega e
discredito alla categoria. Deve inoltre favorire
lo scambio di
esperienze e notizie volte ad un qualificato approfondimento delle
problematiche professionali e contribuire, attraverso un rapporto
attivo con i colleghi, all'elevazione dell'immagine della
professione.
26 – Nel caso di assistenza in contenzioso il consulente del
lavoro è tenuto a rispondere con sollecitudine alle richieste di
informativa del collega che assiste la controparte.
Egli non può
mettersi in contatto diretto con la controparte che sia assistita
da altro consulente.
Soltanto in
casi particolari, per richiedere determinati comportamenti o
intimare messe in mora od evitare prescrizioni o decadenze, la
corrispondenza può essere indirizzata direttamente alla
controparte; in tal caso copia deve essere inviata per conoscenza
al collega di controparte.
Costituisce
illecito disciplinare il comportamento del consulente del lavoro
che accetti di ricevere la controparte, sapendo che essa è
assistita da un collega, senza informare quest'ultimo e ottenerne
il consenso.
Il consulente
del lavoro non deve consegnare all'assistito la corrispondenza
riservata tra colleghi, ma può, qualora venga meno il mandato
professionale, consegnarla al professionista che gli succede, il
quale è tenuto ad osservare i medesimi criteri di riservatezza.
27 - Il
consulente del lavoro deve astenersi dall'esprimere apprezzamenti
negativi sull'attività professionale di un collega e in
particolare sulla sua condotta e su suoi presunti errori o
incapacità.
Il consulente
del lavoro prima di accettare incarichi professionali da clienti
già assistiti da un collega, dovrà informarlo della richiesta
ricevuta.
L’acquisizione
di clientela tramite metodi sleali, millanterie o riduzione dei
compensi in difformità a quanto previsto dal precedente art.22
costituisce illecito disciplinare.
I consulenti
del lavoro che curino adempimenti, anche se in materie diverse,
per uno stesso cliente, dovranno collaborare in modo tale da non
indurre a confronti sul piano della qualità e della tempestività
delle prestazioni al fine di sostituirsi al collega.
28 - I consulenti del lavoro devono evitare comportamenti che
possano sfociare in controversie con colleghi. Nell'eventualità
della insorgenza di queste, ne cerca la possibile composizione
amichevole anche ricorrendo agli organi istituzionali.
29 - In caso di decesso o di sospensione disciplinare di un
collega, il consulente del lavoro chiamato temporaneamente a
proseguirne le funzioni, comunicata la propria accettazione al
Consiglio Provinciale, offre per tutto il tempo necessario la
massima disponibilità e collaborazione alla definizione delle
pratiche dello studio. Analoga disponibilità deve essere
manifestata nei confronti del collega in contingente grave e
accertata difficoltà a svolgere la propria attività professionale.
30 - Il consulente del lavoro svolge con imparzialità eventuali
incarichi arbitrali. Non può assumere le funzioni di presidente
del collegio arbitrale quando abbia con una delle parti altro
rapporto professionale. Se nominato presidente deve informare le
parti di eventuali rapporti professionali con altri componenti del
collegio arbitrale e deve rinunciare all’incarico quando tale
circostanza ne possa compromettere anche sul piano dell’immagine
l’imparzialità.
31 - Il
consulente del lavoro favorisce l'inserimento, negli studi
professionali, dei praticanti che lo richiedano.
Il consulente
del lavoro deve fornire ai praticanti di studio un insegnamento
adeguato, curandone direttamente la preparazione e favorendone
l'inserimento in un futuro ruolo professionale.
Rapporti con Istituti, Enti ed Organizzazioni
32 - Nei rapporti con i rappresentanti della pubblica
amministrazione, degli enti e di tutti gli organismi o organi con
cui viene a contatto per motivi professionali, il consulente del
lavoro deve comportarsi con dignità e chiarezza, nel rispetto
delle reciproche funzioni ed attribuzioni.
Egli non deve
in nessun caso assumere o subire atteggiamenti che siano lesivi
del proprio decoro.
Verificandosi
tali situazioni è tenuto a riferire al Consiglio Provinciale per
le conseguenziali iniziative.
33 - Il consulente del lavoro, che si trovi in rapporto di
parentela, di amicizia o di familiarità con le persone di cui al
precedente art.32 in nessun caso può avvalersi di tale situazione
al fine di trarre vantaggi. La violazione costituisce grave
compromissione della dignità professionale.
34 - Il consulente del lavoro che partecipi, quale candidato o
quale sostenitore di candidati, ad elezioni ad Organi
rappresentativi della categoria deve comportarsi con correttezza,
evitando forme di pubblicità ed iniziative non consone alla
dignità delle funzioni e dei rispettivi ruoli.
Il consulente
del lavoro chiamato a far parte di tali organi rappresentativi
deve adempiere l'incarico con diligenza, imparzialità e
nell'interesse della collettività professionale.
35 - Il consulente del lavoro nei confronti dei sindacati dei
lavoratori e delle associazioni dei datori di lavoro è tenuto,
compatibilmente con il proprio mandato professionale, ad un
rapporto ispirato alla corretta applicazione delle norme
contrattuali e legislative ed alla risoluzione, anche in sede
conciliativa, delle controversie.
Rapporti con gli iscritti ad altri Ordini professionali
36 - Il consulente del lavoro agisce con la massima disponibilità
e reciprocità d'intenti nei rapporti con gli iscritti ad altri
Ordini professionali, onde contribuire con il proprio apporto di
cultura ed esperienza al raggiungimento dell'interesse comune
nell'ambito dei valori professionali che gli sono propri. Opera
altresì per la tutela delle proprie competenze professionali ed il
rispetto di quelle riservate agli altri Ordini professionali, per
salvaguardare i legittimi interessi dei clienti.
37 - Nei
rapporti con gli iscritti ad altri Ordini professionali il
consulente del lavoro osserva, in quanto compatibili sul piano
della reciprocità, le norme del presente Codice.
38 - Il consulente del lavoro favorisce ogni forma di
collaborazione con gli iscritti ad altri Ordini professionali
nella realizzazione di tutte le attività volte all'aggiornamento
professionale ed alla repressione del fenomeno dell'abusivismo.
39 - Il consulente del lavoro aderisce, unitamente ai
professionisti di altre categorie, alle iniziative necessarie al
raggiungimento dei fini istituzionali comuni. Persegue
l'affermazione e lo sviluppo delle libere professioni onde
favorire, nella valorizzazione e nel rispetto delle specifiche
competenze, una sempre maggiore efficienza, anche a livello
comunitario, nell’attività di consulenza ed assistenza.
NORMA FINALE
40 - Le specifiche previsioni del presente Codice
deontologico costituiscono mera esemplificazione e non impediscono
la qualificazione come illecito disciplinare di altri
comportamenti in contrasto con i principi generali esposti o
comunque lesivi del prestigio e del decoro della professione
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